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Processionaria VS Cane

Da marzo e per tutta l’estate arriva il pericolo processionaria nel cane. Ecco qualche consiglio su come riconoscere questo lepidottero distruttivo e estremamente urticante nella sua fase larvale.

Non solo i cani, ma tutti gli animali, uomo compreso, che vengono a contatto con i peli urticanti della processionaria, sono a rischio di sviluppare i sintomi relativi a questo pericoloso bruco.

Il nome scientifico della processionaria del pino è Thaumenotopoea pityocampa: trattasi di un lepidottero appartenente alla famiglia Notodontidae.

È un insetto assai distruttivo per le pinete, perché distrugge le foglie, ma a noi interessa soprattutto la sua forma larvale. Da giovane infatti la processionaria si presenta come una larva lunga 1-3 centimetri e mezzo, fornita di tantissimi peli altamente urticanti per l’uomo e per tutti gli animali. Il nome di processionaria deriva proprio dall’abitudine di questi bruchi di spostarsi sempre in fila indiana, formando una vera e propria processione: si compattano solamente quando raggiungono il loro nido, dove andranno a rideporre le uova.

Da adulta la processionaria non è altro che la classica farfalla triangolare, notturna, dal colore bianco-giallastro e apertura alare di 5 centimetri. Anche da adulte, se si sentono minacciate, possono emettere un liquido giallino assai irritante.

La processionaria normalmente si trova sui pini, ma talvolta la troviamo anche sui cedri: se vedete dei nidi biancastri in inverno su queste piante, allora è probabile che abbiate un’infestazione di processionaria.

Le larve fuoriescono dai nidi in primavera, a marzo, ma nelle zone più calde le possiamo vedere uscire anche d’inverno. Tendenzialmente le larve sono attive di notte, ma primavera, quando sono più affamate, si calano a terra e si interrano. A luglio-agosto compaiono gli adulti, le femmine depongono le uova e le larvette nascono ad agosto-settembre e cominciano subito a nutrirsi dei pini, danneggiandoli notevolmente.

La processionaria è un bruco molto pericoloso sia per la salute umana che per quella dei nostri animali, cane e gatto incluso. I peli sono fortemente urticanti: si infiggono nella pelle e subito origina un eritema papuloso pruriginoso. Tuttavia i casi più gravi si hanno quanto i peli riescono a giungere a contatto con l’occhio, con le mucose in generale, con la bocca o quando riescono ad entrare nelle vie respiratorie e digestive. Particolarmente pericolosa la processionaria per i cani, i quali hanno l’abitudine di annusare per terra e possono ingerire i peli urticanti del bruco. Il cane in questi casi sviluppa sintomi allarmanti in breve tempo:

  • salivazione abbondante
  • dolore
  • infiammazione grave di bocca, esofago e stomaco
  • edema della glottide (può essere tale da soffocare l’animale)
  • necrosi della lingua e della mucosa
  • febbre
  • anoressia
  • vomito emorragico
  • diarrea emorragica

Come capite si tratta di sintomi gravi e potenzialmente fatali, anche perché la diagnosi è semplice se il proprietario riferisce la presenza di processionarie, ma se non si ha questa evenienza si può pensare a qualsiasi altro tossico e veleno.

Se il cane viene a contatto con la processionaria, la prima cosa da fare è cercare di allontanare i peli urticanti dalla bocca facendo dei lavaggi con acqua (occhio a usare dei guanti per non toccarli voi stessi). Cosa non agevole, visto che il cane avrà un forte dolore e non si farà manipolare. Mentre una persona tenta di fare questa manovra, qualcun altro dovrà contattare immediatamente il veterinario più vicino in modo che il medico possa approntare la terapia di sostegno più adeguata. Mai come in questo caso, prevenire è meglio che curare: quindi da adesso e per tutta l’estate, occhio quando siete in passeggiata, soprattutto se passate sotto a dei pini. Le processionarie possono essere sempre in agguato. Il nostro parco è stato recentemente controllato e fortunatamente non sono stati trovati nidi ma la processionaria può essere trasportata anche dagli uccelli o arrivare comunque dai pini esterni nelle vicinanze, quindi facciamo attenzione ad eventuali presenze indesiderate.

La lotta contro la precessionaria prevede diversi sistemi, è obbligatoria in Italia dal 1998 con Decreto Ministeriale 17-04-1998. Di solito si usano pesticidi appositi usati sulle larve, non sui nidi. Occhio che le larve morte vanno eliminate bruciandole, perché anche morte sono urticanti. Così come sono urticanti i resti bruciati, quindi occhio a stare sottovento e a proteggere tutte le parti esposte del corpo, ivi incluse bocca e occhi.

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IO GLI DO IL MANGIME MIGLIORE… SAPESSI QUANTO COSTA!

(da TI PRESENTO IL CANE – www.tipresentoilcane.com)

di FRANCESCA BRUNELLO

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Tutti noi poveri sfigati che, per un motivo o quell’altro la BARF o la casalinga non possiamo farla, passiamo attraverso vari livelli di frustrazione quando si tratta di scegliere le crocche giuste. Di solito si comincia con: “il commesso mi ha consigliato queste crocchette, ha detto che sono le migliori”; poi si passa a: “Sì ma la Royal Canin fa quelle specifiche per il Labrador!”. Fino ad arrivare a (e badate bene che questa è la mia preferita):  “il mio cane deve prendere l’ipoallergenico della Hill’s, me l’ha consigliato il veterinario… Però su Report hanno detto che queste crocchette fanno male…”

Spezziamo subito una lancia in favore dei vet: se non sono nutrizionisti non sono tenuti a sapere qual è il mangime migliore sul mercato o quale ha il miglior rapporto qualità/prezzo. A meno che non se ne interessino personalmente infatti, l’esame “cani crocchivori e mercato del cibo secco” non è un esame che fa parte del loro corso di laurea. Un veterinario che consiglia Royal Canin, non è assolutamente un veterinario poco affidabile, ma solo poco ferrato in materia alimentazione.

Se l’etichetta del mangime che avete ha una lista ingredienti tipo (me la invento): “mais, farina di pollo (min 14%), pollo fresco (8%), riso, glutine di frumento, piselli (min 4%)…”; sarebbe il caso di orientarsi verso qualcosa tipo (invento anche questa): “carne disidratata di pollo (25%), carne fresca di pollo (min 20%), patate 20%, polpa di barbabietola, olio di salmone…”

Il primo ingrediente è quello presente in maggiore quantità, successivi a questo, il resto dei componenti è scritto in ordine decrescente.

Vien da se che – essendo il cane un carnivoro adattato – il primo ingrediente deve essere la carne. Più precisamente: la dicitura “carne disidratata di…” è senza dubbio la migliore che possiamo trovare perché, rispetto alla dicitura “carne fresca di…” la percentuale di disidratata indicata nell’etichetta è la stessa contenuta nel mangime: 1 kg di carne fresca rispetto a 1 kg di carne disidratata contiene un quantitativo di acqua superiore, che viene tutta persa durante il processo di lavorazione, e che quindi fa calare il peso della fonte proteica di più del 50%.

Una dicitura generica come “agnello” o “pollo” è sinonimo di una qualità medio/bassa, perché dove non c’è scritto “carne di…” vuol dire che nella lavorazione vengono inclusi anche gli scarti dell’animale.

Infine la dicitura “farina di…” è senza ombra di dubbio quella su cui ci sarebbe più da discutere, perché nelle farine vengono inclusi non solo gli scarti e le parti meno nobili, ma anche le ossa, le zampe, i becchi e chi più ne ha più ne metta.

Prendendo alla lettera la normativa europea sulle materie prime dei mangimi, la farina di carne e pesce sono prese da carcasse di animali o parti di esse, a meno che nel sito dell’azienda non venga specificato che vengono usate parti nobili.

L’unica farina accettabile è quella di certi pesci come aringa e pesci piccoli, perché sono troppo piccoli per essere deliscati.

La dicitura “sottoprodotti e derivati” infine è sinonimo di “scarti”, quindi meglio evitare.

I carboidrati

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I carboidrati non dovrebbero nemmeno fare parte della dieta del cane perché l’animale non produce l’amilasi salivare (la ptialina, che serve appunto a operare una prima digestione dei carboidrati), ma spesso vengono usati come riempitivi nei mangimi secchi.

Il mais non solo è uno dei primissimi ingredienti a cui si pensa quando si sospetta un’intolleranza alimentare, ma è anche un potenziale carrier per le aflatossine.

Spesso si pensa che invece il riso al cane faccia bene (ed effettivamente, se presente in quantità minima non crea danni a lungo andare) ma quello che pochi tengono in considerazione è che il riso bianco è un elemento ad alto indice glicemico per il cane, è un riempitivo che viene usato come fonte di carboidrati, ma che non rende assolutamente il pasto più digeribile.

I mangimi migliori sul mercato (a prescindere dal brand) risultano spesso essere quelli grain free: ovvero senza cereali (mais, riso, orzo, frumento ecc) e che sfruttano come fonte di carboidrati le patate o la zucca, a patto che rispettino le…

Percentuali

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Quando si tratta di percentuali bisogna fare un distinguo: quelle degli ingredienti e quelle dei componenti analitici.

Le percentuali degli ingredienti per un mangime di buona qualità sono 40% almeno di fonte proteica (pollo, agnello, anatra, salmone…) e carboidrati (riso, patate) che non superano il 30-35%.

Tra le percentuali dei componenti analitici quelle su cui è bene soffermarsi sono due: le proteine gregge, il cui valore dovrebbe aggirarsi tra il 25% e il 30% per un cane con un’attività fisica normale e le ceneri, che indicano la percentuale di materiale inorganico presente, derivato dall’incenerimento delle sostanze organiche.

Sebbene le ceneri alte siano spesso segno di allarme, in un buon mangime avranno un valore di circa 8-9% poiché viene sfruttata parecchia carne, ma non è raro che arrivino anche al 11% nel caso in cui utilizzino anche una parte di ossa per i minerali.

Se le crocchette fossero vegane, le ceneri sarebbero molto più basse… Ma ricordo che dare ad un carnivoro cibo veg è considerato maltrattamento.

Monoproteico vs multiproteico

Un mangime si dice monoproteico quando ha una sola fonte di proteine, quindi in maniera più banale ha un solo gusto (può essere pollo, agnello, anatra, salmone ecc).

Si decide in base alle esperienze dirette, nel mio caso ad esempio, avendo un cane soggetto ad intolleranze preferisco il monoproteico, di modo da poter cambiare ogni 4 mesi circa la fonte proteica, limitare le insorgenze di dermatiti allergiche e infiammazioni intestinali ed eventualmente inquadrare velocemente l’elemento che le provoca il disturbo.

Quando si ha come compagno di vita un cane soggetto ad intolleranze alimentari spesso si viene indirizzati verso mangimi che contengono Idrolizzati di carne o pesce (volgarmente chiamate “proteine lavate”) che servono ad imbrogliare il sistema immunitario. Trattasi di carne a cui è stato tolto tutto quello che può creare problemi in fase digestiva per crearsi la nomea di ingredienti anallergici. Imbrogliano il sistema digestivo, ma alla lunga lo sfasano. Leggere “proteina di pollo/struzzo/tacchino ecc” significa che non c’è la carne, ma solo la proteina estratta dalla carcassa. Tramite il processo di idrolisi si può rendere digeribile anche un ingrediente come le piume, che ovviamente non ha alcun apporto nutrizionale.

Pressatura a freddo vs estrusione

Quando uscirono i primi mangimi pressati a freddo, io mi sono super entusiasmata. Ero davvero contenta perché lavorando a temperature basse, il processo permette di perdere meno nutrienti e una volta nello stomaco del cane si sciolgono e non si gonfiano (invito chi ritiene che questa sia una leggenda metropolitana a mettere un paio di crocchette in un bicchiere d’acqua).

Tuttavia finora non ho ancora trovato un pressato a freddo che soddisfi le mie esigenze (quelle della Twiggy in realtà). Quindi prediligo un brand che usa il metodo dell’estrusione e mi riservo di farle gonfiare nella ciotola con un bicchiere di acqua circa 10 minuti prima di somministrare il pasto.

Mini tips:

  • Cercate sempre mangimi che prediligano carne destinata ad uso umano.
  • Non fate aggiunte alla ciotola, soprattutto carne (macinata o meno) perché i tempi digestivi sono differenti.
  • Il cambio da un mangime ad un altro deve sempre avvenire in maniera graduale (ovvero mischiando sempre più crocchette nuove a quelle vecchie), anche se la marca è la stessa e state solo cambiando fonte proteica. Il processo deve durare dai 5 ai 7 giorni.
  • Il cucciolo dovrebbe fare tre pasti al giorno, l’adulto due, per evitare cali glicemici.
  • Quinoa e amaranto non sono cereali, ma fonte di proteine vegetali derivanti da semi, quindi è possibile trovarli tra gli ingredienti di un grain free.
  • Non pensate che un mangime di scarsa qualità vi faccia risparmiare: la dose giornaliera di un mangime di qualità medio/bassa è quasi sempre ben maggiore rispetto alla dose di uno ben bilanciato; inoltre nella maggior parte dei casi si strapaga il brand e la relativa pubblicità.

Bufale da cui guardarsi bene

“Mangime per la razza specifica è migliore perché è studiato appositamente per quel tipo di cane”: Messi a confronto, due mangimi della stessa marca, ma per razze diverse hanno sempre più o meno gli stessi ingredienti.

“I veterinari sono dei venduti, sono strapagati dalle aziende per vendere le loro crocchette!”: a parte qualche caso di mafia – che in Italia soprattutto non manca mai – vi assicuro che la maggior parte dei veterinari sono sottopagati, fanno orari pesanti (pur rendendosi praticamente sempre raggiungibili) ma che soprattutto… Non se li bada nessuno.

“Con quello che costa, sarà sicuramente una qualità ottima”, assolutamente no: ci sono mangimi che costano 70 euro a sacco (12 kg) e non li darei nemmeno alle galline!

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Le leccate dei cani: pericolo mortale o beneficio?

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Tratto da DIARIO DEL WEB, Stefania Del Principe, 23 Marzo 2015

“Baciare il cane fa bene alla nostra salute”.
Ricercatori statunitensi ritengono che una leccata dal proprio cane potrebbe essere salutare per il proprietario, anzichenò. I batteri presenti nella sua bocca, provenienti dal suo intestino, agirebbero come una sorta di pro-biotici che potenziano il nostro sistema immunitario
ARIZONA – Non è inconsueto vedere il cane che lecca il viso del proprio padrone. Questo gesto, che avviene d’istinto nell’animale, a qualcuno può fare ribrezzo; a qualcun altro può far pensare che non è igienico e, infine, a qualcuno non importa nulla ma, anzi, fa piacere. Comunque la pensiate, secondo i ricercatori dell’Università dell’Arizona, farsi baciare dal proprio cane potrebbe avere effetti benefici sul sistema immunitario.

EFFETTO YOGURT – Il ricercatori Kim Kelly e Charles Raison, sostengono che i batteri presenti nella saliva del cane, e che provengono dal suo intestino, potrebbero agire come una sorta di pro-biotici (tipo quelli dello yogurt) e promuovere non solo la salute del nostro intestino, ma stimolare anche l’immunità. In sostanza, anziché correre in bagno a lavarsi la bocca, dopo che il cucciolo ci ha sbavato su ben bene, dovremmo ringraziarlo per il suo inconsapevole aiuto.

VOLONTARI CERCASI – Ora, per dimostrare all’atto pratico che la loro teoria è valida, i ricercatori sono alla ricerca di volontari che siano disposti ad accogliere in casa propria un cane e tenerlo per almeno tre mesi – durante i quali ci si dovrebbe far leccare il viso dall’animale. «Quel che ci preme – spiega Kelly – è capire se in effetti i cani possano avere lo stesso effetto pro-biotico dello yogurt». «Crediamo che questi animali potrebbero agire analogamente allo yogurt nel giovare alla salute dei batteri contenuti all’interno del nostro intestino – aggiunge Raison – Questi batteri detti microbioti sono sempre più considerati fondamentali per il nostro benessere fisico e psicologico, in particolar modo in età avanzata». I volontari saranno sottoposti a controlli periodici, e non invasivi, al fine di osservare le modifiche che avvengono nell’intestino e nella salute psico-fisica in generale. In questo modo si potrà sapere se il cane ha fatto il suo «dovere».


da “ti presento il cane”, Davide Beltrame 21 luglio 2016
Sta suscitando diverse reazioni nelle ultime settimane il caso di una donna inglese che, a causa pare di una “leccata” da parte del suo cane, è finita in ospedale e ha rischiato la vita. Come di consueto, a seconda del media si sono usati toni più o meno allarmistici e date più o meno informazioni.
Libero ad esempio titola “Vi fate leccare in faccia dal cane? Attenti: pericolo mortale“. Il che è, ovviamente, una cavolata colossale. Anche perchè l’articolo non da praticamente alcun dettaglio, parla semplicemente di “batteri della setticemia” contratti da questa donna inglese di 70 anni a causa di una leccata sul viso da parte del suo Piccolo Levriero Italiano.

Decisamente più dettagliato è invece l’articolo del Ticino, che oltre a linkare la documentazione specifica del caso medico indica che il responsabile dei problemi della paziente è il Capnocytophaga canimorsus e il motivo di interesse del caso è dato dal fatto che (come si può anche intuire dal nome dato al batterio) il metodo più comune per contrarlo è un morso o un graffio, mentre è molto raro che basti il contatto con la saliva del cane. Difatti, viene spiegato nello stesso articolo come abbiano giocato molto probabilmente un ruolo fondamentale le condizioni già non proprio ottimali del sistema immunitario della donna.

Insomma, una signora non proprio giovanissima, con già problemi di salute, essendo stata baciata in bocca dal suo cane (portando quindi a contatto le sue mucose con la saliva dell’animale) ha peggiorato le sue condizioni di salute. Niente di così eccessivo come vuol far credere Libero o alcuni siti e blog che hanno “calcato la mano” sulla notizia partorendo titoli più o meno allarmistici.

Fortunatamente, oltre a quello del “Ticino”, si segnalano anche diversi altri articoli che riportano molto più fedelmente la realtà dei fatti: il sito DiarioDelWeb riporta un dato secondo cui casi come quello della donna inglese siano stati solo 200 nel mondo, tant’è che per trovare un caso con conseguenze gravi bisogna tornare fino al 2013 quando una donna canadese a causa di un’infezione partita da questo batterio ha subito l’amputazione di 3 arti, ma come lei stessa ha dichiarato solo due casi, compreso il suo, sono stati così gravi. Anche nel suo caso inoltre il sistema immunitario era già compromesso, a causa di una polmonite già esistente.

Ora, ovviamente questo non vuol dire che sia buona prassi passare le giornate a darsi baci alla francese con il proprio cane: per quanto sia stato ormai dimostrato che la convivenza con uno o più animali domestici migliori il sistema immunitario, nel 2015 aveva portato a molti articoli l’annuncio di uno studio presso l’Università dell’Arizona, mirato a dimostrare che la saliva dei cani potesse agire da “probiotico” per l’organismo umano e quindi come le leccate del cane fossero un beneficio per la salute: tale studio sembra essere ancora in corso, anche in quel caso comunque molti giornali avevano esagerato riportando come già conclusivi i risultati (quando in realtà si stavano ancora cercando i volontari per effettuare lo studio) e portando a titoli del tipo “Farsi leccare dal cane migliora il sistema immunitario”.

Ovviamente la saliva del cane (come del resto quella umana) porta comunque i suoi bei batteri…solo che nella stragrande maggioranza dei casi non portano alcuna conseguenza sull’uomo, se l’individuo è sano…cogliere l’occasione di un caso piuttosto raro e sfruttarlo per fare un allarmismo ingiustificato è irresponsabile, peraltro sappiamo già bene che ci sia un bel numero di mamme cinofobe che inorridiscono appena il figlio si avvicina un cane e partono di “non toccarlo che ti ammali!”
Ovviamente la tentazione del titolo acchiappa-click non ha colpito solo in Italia, dove peraltro non è limitata purtroppo ai soli “siti semi-bufala” che puntano solo ad acchiappare click con notizie rese il più allarmistiche possibile, ma anche su quotidiani “noti” (vedasi il Corriere che titola “Cane o gatto vi leccano la faccia? Attenti, rischiate la setticemia” salvo poi riportare solo nell’articolo l’intervento di un veterinario che sottolinea l’esiguità del rischio e come “non vadano creati allarmismi”; peggio ancora fa Il Giornale che riporta titolo e articolo del Corriere…levando tutto l’intervento del veterinario); anche un articolo inglese ha il suo bel titolo “Baciare il tuo cane può farti ammalare gravemente” e poi solo nelle ultime righe riporta come in tutto il Regno Unito siano noti solo 13 casi di infezione dal Capnocytophaga Canimorsus e la dichiarazione di uno dei medici che ha partecipato al caso della donna inglese e dichiara “L’ultima cosa che vogliamo è allarmare la gente dicendo che si ammaleranno se leccati da un cane o da un gatto”.

Insomma, come al solito basta un po’ di buon senso e un po’ di “via di mezzo”: per quanto mi riguarda, essendo nato e cresciuto in un allevamento ho ricevuto leccate a volontà ed ero sempre in mezzo ai cuccioli (vedasi la foto-testimonianza), vivendo con diversi cani continuo a ricevere leccate, ovviamente ora che sono più di un metro e 80 è più difficile che riceva “baci in faccia” e magari non mi metto a fare lingua-a-lingua con Biba durante la giornata, ma non è che alla prima leccata di Destiny su una guancia (e quelle capitano, anche perchè la signorina comincia ad avere delle molle al posto delle zampe…) corro a cospargermi la faccia di disinfettante.
Eppure basterebbe poco a scrivere articoli che spieghino bene i fatti (in fondo i giornalisti sarebbero pagati per questo…), senza dover esagerare da una parte (“se il cane ti lecca rischi la pelle” come successo in relazione al caso della donna inglese) o dall’altra (“passa la giornata a farti leccare in bocca” come si titolava in relazione allo studio dell’università dell’Arizona).

Un’ultima nota su come cambi la percezione degli “allarmismi”: proprio in Italia c’è stato un caso simile a quello della donna inglese: Gianluca Vrenna, di 25 anni, nel dicembre del 2014 ha contratto la setticemia in seguito a una leccata del suo cane su un graffio del ragazzo; anche in questo caso si trattava di un soggetto con un sistema immunitario compromesso, essendo il paziente senza milza.
Grazie al pronto intervento dei medici Gianluca si è salvato, ma anche lui ha rischiato l’amputazione degli arti e i rischi per la sua vita sono stati alti a causa delle condizioni pregresse: curiosamente, però, su questo episodio si trova praticamente solo un articolo del “Resto del Carlino” e non c’è stata l’ondata di articoli vista invece in questo periodo.
Quindi, o il batterio è diventato pericolosissimo solo quest’anno, o allìepoca la notizia era sfuggita agli allarmisti in cerca del click facile…

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